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Non Abbiamo più Tempo da Perdere,
accordiamo i nostri strumenti
e sarà nuova musica.

Non abbiamo più tempo e dunque…?

E dunque è tempo di ricominciare a credere nell’opportunità che un’altra strada possa essere tracciata.
È tempo di riaprire varchi di speranza, di assumersi responsabilità consapevoli, di rivalutare con coraggio il nostro ruolo, la nostra collocazione, la nostra partecipazione. È tempo di costruire con gioia il futuro e non di assistere con rassegnazione il presente.
È questo lo spirito con il quale apre “CIVICO 7”: un movimento socio-politico dedicato al confronto politico locale. Esso nasce come risposta alla necessità di non cedere il passo alla desolazione, di non abbandonare il campo del nostro agire quotidiano, di non soccombere sotto i colpi di un sistema perverso. Occorre dare nuovo vigore al senso civico, dare un significato nuovo al senso di appartenenza alla nostra comunità. E’ tempo di mettersi a lavoro perché è sempre più pressante il bisogno di una nuova partenza. Occorre ridisegnare il quadro dell’impegno istituzionale, occorre spalancare la porte delle “stanze”, bisogna intervenire decisamente sulla manipolazione degenerativa del potere per evitare una gestione sempre più clientelare dei privilegi. C’è bisogno di provare a riscoprire il bello che ancora c’è, ma che resta prigioniero della logica utilitaristica applicata a questa politica che contribuisce al suo svilimento. Dunque serve dare vita ad un nuovo soggetto politico che sia in grado di esprimersi con la necessaria capacità e consapevolezza. Abbiamo scelto tre parole che rappresentano i pilastri fondanti del movimento “CIVICO 7”:
LEGALITA’ come il gusto delle azioni fatte nel rispetto delle regole, nell’amore per la cosa pubblica ed i cittadini, nel solco di valori alti quali quelli della nostra Costituzione, nella trasparenza, nella collegialità. Legalità come il piacere di vedere aperte le porte del Municipio ai diritti ed ai doveri di ognuno e ciascuno dei cittadini.
LAICITA’ come apertura a quella convivialità delle differenze che supera gli interessi di parte e i fazionismi e apre alla trasversalità, più attenta a cercare ciò che unisce e con lo sguardo oltre ciò che divide. Laicità come voglia di gettare le basi per scrivere le regole di una morale condivisa, che ci faccia riscoprire il gusto di essere cittadini.
PARTECIPAZIONE come restituzione del territorio ai suoi cittadini, come volontà di ripartire dalla base, gettando le fondamenta dell’amministrazione e della politica sull’ascolto. Partecipazione come ferma intenzione di lasciare che ciascuno si senta in dovere di dire la propria, di sporcarsi le mani, di agire.
Partecipazione come luogo in cui riscoprire il gusto di costruire il cambiamento insieme.
Il nostro impegno tenderà a sostanziare questi tre principi in ogni idea che proporremo, in ogni progetto che realizzeremo.
I tre pilastri fondativi poggiano – dunque – su di una base solida fatta di SPIRITO AGGREGATIVO: propellente essenziale del nuovo agire. Il movimento “CIVICO 7” non ha un indirizzo partitico e non si muove in un contesto illusorio di antipolitica ma è espressione di un agire selettivo ed alternativo. Non bisogna inventarsi nulla di nuovo, bisogna soltanto selezionare il “buono” rifuggendo i pericoli costanti dinanzi ai quali, via via, ci troveremo.
CONDIVIDERE innanzitutto cosa?
CIVICO 7 nasce come OSSERVATORIO SOCIO-POLITICO, come TAVOLO DI DISCUSSIONE (i più arditi lo definiscono “CENACOLO CULTURALE”). CIVICO 7 è un “luogo”. CIVICO 7 è IL “LUOGO” del confronto, della condivisone, dell’analisi: di pensieri, di progetti, di parole, di idee, di programmi. Si deve guardare al futuro oltre l’immediato, oltre l’imminente, pensando però di gestirlo l’imminente, di risanarlo l’immediato. Il futuro della nostra comunità va inteso non come tempo ma come ragione, non come scadenza ma come opportunità. Il futuro infatti non può più essere solo la scadenza per la soluzione dei bisogni (talvolta essenziali), il tempo per il soddisfacimento di interessi (spesso solo economici); il futuro deve essere la ragione delle nostre idee, l’opportunità dei nostri progetti, la prospettiva del nostro agire. Allora condividere cosa? pensieri, progetti, parole, idee, speranze, aspettative, sentimenti, emozioni … Condividere l’idea della TRAVERSALITA’ OPERATIVA affinché appaia superata l’idea della politica fatta da e di “equivalenze unificate”, l’idea della politica come “chiamata alle armi” di “uniformi” all’interno di un contenitore (“partito”) omologato ed agito da coloro che condividono gli stessi linguaggi, gli stessi ideali, gli stessi interessi. Ancora, condividere il valore della parola CULTURA non più spesa solo come “etichetta” ma resa animus del nuovo agire. E si badi a non confondere il significato di cultura con il significato di accademia. Non servono titoli (accademici appunto), serve la Cultura che sia conoscenza, che sia delicatezza, che sia voglia di “sapere” ma che sia anche consapevolezza del “non sapere”. Serve condividere l’ORIZZONTE percorrendo la VIA, che spesso è una e una sola, ma mai è monocromatica, mai è faziosa, mai è referenziale. La VIA che dobbiamo percorrere è la via della condivisione leale. Ecco! Fare di questo nuovo agire politico un crocevia di emozioni e di intenzioni, inventando forme di condivisione “disinteressata”, permettendo a ciò che è distante e separato di convergere ed intrecciarsi. Che questo “nuovo” sappia trovare la propria “essenza” non nell’esclusione reciproca (e nel conflitto tra identità chiuse e separate) ma nell’inclusione condivisa.

Un PARTITO o un MOVIMENTO?
Partiamo da un dato oggettivo: l’idea di “partito politico” è andata degenerando negli anni! La loro impostazione sempre più verticistica ha contribuito a deformare gli ideali di quelle persone che, soprattutto a livello locale, vi si sono adoperate con generosità. La volontà di partecipare, di misurarsi, di riprendere in mano il bandolo del discorso pubblico, richiede invece un modello di organizzazione pratica radicalmente diverso rispetto ai soliti “partiti politici”.
Non si può più assumere a modello ispiratore del nuovo agire l’identificazione dicotomica “identità partitica/azione pubblica”. Non è più la “forma partito” la sola soggettività dotata di legittimazione operativa. Basti pensare al “terzo settore”, all’associazionismo in genere, per comprendere la forte frammentazione della capacità di analisi, di confronto politico, di operatività, soprattutto a livello locale. I nostri Padri Costituenti (l’art. 49 Cost.) avevano tracciato un disegno dei partiti politici diverso da quello che oggi sono diventati. I partiti politici sono stati – e avrebbero dovuto continuare ad essere – luoghi di mediazione, luoghi di formazione, di analisi. Avrebbero dovuto continuare ad essere appendici operative della grande scuola di democrazia che è stata la Costituente.
Un intendimento, questo, velocemente disatteso da un sistema politico che si è progressivamente organizzato con strutture piramidali, referenziali, celebrative.
I partiti politici attuali sono diventati organizzazioni completamente anacronistiche, antistoriche, rispetto alla necessità di sostanziare il modello di democrazia che non può più esaurirsi nella rappresentanza e nella delega o peggio ancora nell’identificazione sempre più celebrativa e sempre meno operativa dell’elettorato.
Abbiamo assistito ad una imbarazzante e noiosa spettacolarizzazione della leadership politica: la parola ha preso man mano il sopravvento sul risultato. Ogni verità è divenuta troppo facilmente manipolabile. Loro sono stati capaci di spostare opportunamente la barra di comando dall’oggettività inconfutabile al relativismo di comodo; e noi – di nostro – siamo stati capaci di compromettere ogni giudizio.
Adeguandoci. Alienandoci. Massificandoci.
Vogliamo ora ricercare l’interpretazione autentica di quel valore assoluto che è la DEMOCRAZIA, costituendo appunto un centro operativo di confronto critico e di programmazione finalizzata al risultato.
In questo spazio dobbiamo far convergere le istanze della nostra comunità (immaginiamo ad esempio delle assemblee di quartiere). E dunque sarà necessario avviare un programma di analisi, stilare un elenco di priorità (perché un politico sano non può prescindere dalla conoscenza e dall’analisi delle priorità), confrontarsi con la gente, vivere la piazza.
Occorre aprire uno spazio non più separato dalle istanze della società ma calato in un contesto di “proposta- condivisione- progettazione” in cui si muoverà la pluralità di “nuovi agenti”. Si deve passare così dall’esclusione verticistica (l’elettore come spettatore passivo degli show del leader di riferimento) all’inclusione circolare (il cittadino come agente in una struttura basata su regole democratiche). La struttura del nuovo soggetto non è verticistica ma circolare, appunto, con un coordinamento centrale ed uno sviluppo concentrico. Sarà compito degli aderenti proporre ed invitare nuovi soggetti. Sarà compito degli astanti accogliere i nuovi aderenti. I singoli individui partecipano in modo egualitario sia alla fase della discussione, sia a quella della decisione, sia a quella dell’azione. Ognuno partecipa nei limiti delle sue possibilità e delle sue disponibilità di tempo. Non ci sono collocazioni predefinite, o ruoli vocazionali, esiste il principio della scelta condivisa che avrà come unico scopo “il bene comune (locale)”.
Si deve costituire un gruppo di saggi che aiuti il confronto e che estenda quanto più possibile il ventaglio delle esperienze, poiché come diceva Lazzati “saper pensare politicamente è una cosa difficile, perché il giudizio politico è un giudizio sintetico, deve tener conto di vari fattori e deve valutarli tutti insieme e non uno alla volta; deve tener conto di quella che è la situazione storica in cui il giudizio viene pronunciato e deve sapere che le proposte politiche valide sono quelle che, al di là della validità tecnica della proposta, hanno validità storica”. E dunque serve conoscere la storia per fare la storia!

Passioni, Sentimento, Emozioni e Conoscenza!
Conoscenza e formazione devono essere fari guida in questo percorso. Evitare improvvisazione ed approssimazione. Essere consapevoli e coscienti! Valutare il significato ed il peso di ogni parola pronunciata e scritta!
Più si estende la concentricità partecipata, più arduo diventa il compito. In ogni caso la sperimentazione deve misurarsi costantemente con un’adeguata efficacia.
Lavoriamo per costruire, dunque stemperiamo! Rendiamo il movimento dinamico non “fluido” (per fluidità si intende l’adeguamento al compromesso informe, spicciolo, interessato). Pensiamo ad allargare alle persone che riteniamo possano agire in questo sistema con scienza e coscienza senza mai esprimere giudizi di valore o peggio ancora giudizi morali (non siamo giudici supremi, siamo uomini fallibili … TUTTI!). Riserviamo e preserviamo “lo spazio delle emozioni”. Pare che in questi tempi ed in questi ambiti non ci sia più chi apprezzi le “passioni”, i “sentimenti”, le “emozioni”. E chi ci prova adotta metodi distorti, espressioni inopportune, logiche avvilenti. Occorre invece dare lo spazio giusto a ciò che ci portiamo nel cuore oltre che nella mente. Non servirà spendere risorse in uno scontro con “nemici” piuttosto sarà conveniente aprire un confronto con “antagonisti”, con “avversari”. Misurarsi nel campo degli intendimenti, delle sensazioni, degli entusiasmi. “ENTUSIASMO” è una parola che spaventa molto perché è con l’entusiasmo che le cose possono trovare una nuova chiave di lettura, possono cambiare davvero; e chi oggi “agisce” in ambito politico adotta una strategia: “spegnere la fiamma dell’entusiasmo”. Perché? Perché ha paura che la luce di quella fiamma possa illuminare i misfatti e stanare i mediocri. Di questo ha paura! E allora un primo passo verso una nuova politica consiste nell’invito alla partecipazione entusiastica. Consiste nella condivisione di visioni anche se condite di fervida immaginazione … ma il segreto è la condivisione degli orizzonti, la condivisione dei nostri sogni. Certo, occorre autodisciplina, serve la produzione di un codice di comportamento.
Non si possono condividere sogni senza darsi delle regole, perché un conto è sognare, un conto è provare a realizzarli i sogni!
Bisogna anche guardarsi da alcune tendenze dannose: il narcisismo, per esempio. Non cerchiamo comandanti narcisi e non possiamo pensare di selezionare aderenti soltanto in base al requisito carismatico. Non servono protagonismi e compiacimenti autoreferenziali. A predominare dovranno essere mitezza d’animo e fermezza di pensiero. Viene pertanto in mente Norberto Bobbio ed il suo Elogio della Mitezza quando dice “Anzitutto la mitezza è il contrario dell'arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustifica la sopraffazione. (…) Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza: l'ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente, le proprie pretese virtù, è di per se stesso un vizio. La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria carità manca di carità. Chi ostenta la propria intelligenza è in genere uno stupido. A maggior ragione la mitezza è il contrario della prepotenza. Dico "a maggior ragione", perché la prepotenza è qualcosa di peggio ostentata, ma concretamente esercitata. Il protervo fa bella mostra della sua potenza (…). Il prepotente questa potenza la mette in atto, attraverso ogni sorta di abusi e soprusi, di atti di dominio arbitrario e, quando sia necessario, è crudele. Il mite è invece colui che "lascia essere l'altro quello che è", anche se l'altro è l'arrogante, il protervo, il prepotente” "Il mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio contro chicchessia. Non continua a rimuginare sulle offese ricevute, a rinfocolare gli odii, a riaprire le ferite. Per essere in pace con se stesso deve essere prima di tutto in pace con gli altri. Non apre mai, lui, il fuoco; e quando lo aprono gli altri, non si lascia bruciare, anche quando non riesce a spegnerlo. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità".

A quali regole e a quali costi...?
Viene rivalutato il peso ed il valore della “stretta di mano”. Parte dell’azione di CIVICO 7 si basa sull’intesa non scritta, sulla consapevolezza di essere parte - e non fulcro - di un progetto comune e dunque si deve dare il giusto valore all’intesa, al patto tra galantuomini. Un patto non ispirato dall’interesse ma dall’onore.
Nel suo interno il Movimento ricercherà prioritariamente il massimo consenso possibile; si ricorrerà - se necessario - al voto con “l’uno vale uno”. Si dovrà unire il rispetto delle decisioni maggioritarie alla considerazione della visione minoritaria.
Nel movimento, considerazioni di genere, devono assumere un posto di massima importanza. E poi: tempi contingentati di intervento, ascolto di ciascuna voce, fare in modo che ciascuno parli, report tempestivi delle riunioni.
Saranno valutate opportunità di autofinanziamento per dar seguito alle attività promozionali.

Qualche punto di sintesi per andare oltre...
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Vogliamo andare oltre la logica del partito in cui pochi individui “carismatici” accentrano, controllano, nascondono, burocratizzano. Ci piace pensare ad un soggetto nuovo in cui si riscopra il gusto della politica come servizio, in cui si possa - per cambiare - dare un contributo, spendersi e non come mestiere, un luogo in cui stagnare.
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Vogliamo andare oltre la logica della politica per la politica, in cui si ragiona in termini “elettorali”, più attenti a distruggere l’avversario che a costruire spazi di un futuro possibile. Un futuro in cui ritrovino posto parole come trasparenza, chiarezza, lungimiranza.
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Vogliamo andare oltre la delega rappresentativa e lasciarla reincontrare con il protagonismo partecipativo, in cui i sogni le idee i bisogni dei cittadini vengono cercati, ascoltati, accolti, valorizzati.
Una proposta:
Vogliamo costruire un soggetto che accolga la voglia di cambiamento e offra a tutte le donne e gli uomini che ne avvertono l’urgenza un’occasione per venire fuori, alla luce, vincendo il più grande dei pericoli: la rassegnazione. Un soggetto pensante, senza timori reverenziali, né tantomeno, vincolato da legami di appartenenza. Un movimento che operi collegialmente nello spirito della condivisione dei saperi, nella armonizzazione delle competenze specifiche. Con un orizzonte, un disegno ampio, una visione. Un movimento che operi nel territorio, con il territorio: attraverso momenti di partecipazione attiva, di confronto, di mediazione, di ascolto. Per dare occasione a quanti aspirano ad un paese migliore di “coltivare questi “sogni diurni”, quelli che si fanno all’alba e che si realizzano … !” Coltivare “queste che non sono utopie, sono “eutopie”, non sono il “non-luogo” ma sono il “buon luogo”, il luogo dove veramente si sperimenta la felicità” come esortava don Tonino Bello.
Riflessione conclusiva:
Decalogo del buon politico di don Luigi Sturzo:
1. È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.
2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
3. Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.
4. Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
5. Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.
6. È più facile dal No arrivare al Sì che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì.
7. La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.
8. Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.
10. Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.